Nightguide intervista Marco Spinelli, giovane talento siciliano trapiantato a Milano ma con il mare nel cuore.

Nightguide intervista Marco Spinelli, giovane talento siciliano trapiantato a Milano ma con il mare nel cuore.

SPINELLI, al secolo Marco Spinelli, è un giovane cantautore siciliano classe 1995, milanese di adozione, appassionato di cinema e fotografia. Grazie ai tre anni di studio di Video Design allo IED di Milano affina la sua capacità di creare uno storytelling immagifico che influenzerà poi il suo modo di scrivere i testi delle canzoni.
 
Le sue radici musicali sono però altre: nella sua natia Caltanissetta Marco è uno skater ed inizia a suonare fortemente influenzato dalle sonorità punk rock, facendo parte di un gruppo che si ispira ai Blink-182, Ramones e NOFX. Il suo percorso lo porterà parecchio lontano, fino a Milano e a delle sonorità più vicine al mondo indie-pop nel quale riporterà il suo immaginario candido e la sua scrittura a volte didascalica ma sempre evocativa.

 
Nightguide. Ciao Marco. Parlaci un po' di te!
Marco Spinelli. Mi chiamo Marco Filippo Spinelli, ho 24 anni, sono di Caltanissetta che è una città dell'entroterra siciliano, vivo da 6 anni a Milano e lavoro come videomaker.

 
NG. E come sei arrivato alla musica?
MS. La musica c'è sempre stata, fin da quando ero bambino. Ho cominciato a suonare la chitarra a 9 anni, ho fatto il liceo musicale e qualche anno di conservatorio, insomma ho sempre suonato e cantato per passione. Durante gli anni del liceo avevo un gruppo con i miei amici, poi mi sono trasferito a Milano e con la band è finita, anche se la prima cosa che ho fatto appena arrivato è stata comprare una chitarra acustica: a casa è sempre stata una liberazione suonare. Io ho sempre scritto e registrato, ma all'inizio a Milano non avevo modo di registrare per tutta una serie di fattori; poi, per puro caso mi sono ritrovato a lavorare per un videoclip con dei ragazzi di Brescia che già conoscevo e invece di farmi pagare ho chiesto di registrare una canzone da loro. Ho registrato questa canzone, "Non ti vedo più". che è stata ascoltata per caso da Alex Farolfi di Radio Deejay e mi ha detto: "Cavolo, Marco, ma tu scrivi? Non lo sapevo, fammi sentire anche altro!" E così, abbiamo registrato altri pezzi con Zangirolami, mio produttore insieme ad Alex, e così è nato Spinelli.



NG. Questo primo singolo sembra aver avuto un bel po' di risonanza.

MS. "Non ti vedo più" ha fatto la sua strada. Io da un lato odio i miei pezzi perché li ho ascoltati talmente tanto che prima ancora di uscire mi sembrano già vecchi.

 
NG. Ti occupi anche dei videoclip dei tuoi pezzi?
MS. Di un po' di tutto, sì. Per i primi video abbiamo lavorato in team perché ne ero anche protagonista, invece il video di "Paradosso", uscito da circa una settimana. È stato girato interamente da me.

 
NG. La storia del video di “Non ti vedo più” com'è nata?
MS. Il significato è un po' aperto e a interpretazione. Il video è caratterizzato da me collegato a una macchina che fa rivivere dei ricordi - un po' alla "Se mi lasci ti cancello" - e dall'idea di base di voler arrivare immediatamente al pubblico; così ci siamo soffermati su macro e dettagli. Il video racconta la storia di due persone e le loro sensazioni.

 
NG. Il video di “Dopo una vita”, invece, è completamente diverso, più scanzonato.
MS. Sì, come lo immaginavo. Io, in realtà, neanche volevo esserci nel video all'inizio, poi mi sono prestato. Anche questo video è a interpretazione, è come un viaggio.



NG. Tu non ti esibisci da solo: chi c'è con te?

MS. Emanuele Farina, il batterista con cui suono sempre, e altri ragazzi con cui collaboro saltuariamente. Ci siamo conosciuti durante una jam, poi successivamente abbiamo preso un caffè e da lì è iniziata la nostra amicizia.

 
NG. Spinelli aspira a diventare una band o resterà un progetto solista?
MS. Sostanzialmente solista, ma mi sono reso conto che comunque quando suoniamo noi due da soli (Emanuele) siamo più presi e concentrati. Probabilmente arricchiremo il tutto con sequenze.

 
NG. Dove avete suonato finora?
MS. Abbiamo fatto un po' di live: Spaghetti Unplugged all'Apollo, Linoleum al Rocket, il Miami...

NG. Normalmente lavori in altri ambiti, ovvero come videomaker; com'è lavorare nella musica?
MS. Un bel casino, perché la musica adesso è supersatura: il problema è cosa hai da dire. Io, essendo videomaker, ho una visione delle cose molto narrativa e progettuale ma tutto quello che c'è in giro, invece, sembra fatto per moda. Io faccio musica e basta, non faccio indie: solo in Italia diamo le etichette.



NG. Diciamo che in Italia le diamo in maniera sbagliata: per indie si dovrebbero intendere vari generi di musica indipendente dalle major.

MS. Esatto, ma poi se proprio vuoi classificare la musica italiana, è pop.

 
NG. Dei tuoi pezzi mi ha colpito la complessità degli arrangiamenti.
MS. Grazie, la mia musica parte sempre dalla chitarra, ma poi dietro c'è tanto. In studio con Zangirolami i miei pezzi vengono completamente trasformati.

 
NG. Nel tuo percorso hai preso delle decisioni decisamente controcorrente che forse ti hanno anche un po' rallentato. Come vivi il fatto che magari hai visto superarti persone con meno talento di te?
MS. Ci sono persone che seguono le mode; io, invece, ho un concetto di musica come espressione immediata di ciò che si ha dentro. Ho fatto le mie scelte, ne conosco le conseguenze e le accetto così.

 
NG. Oltre al termine "indie", sto sentendo spesso anche il termine "catchy".
MS. Sì, l'ho sentito dire a persone brutte (ride, ndr) che hanno sentito le mie canzoni e hanno detto che sono catchy.

 
NG. Dove ti vedi da qui a dieci anni?
MS. Sotto un ponte (ride, ndr). No, scherzo, mi vedo con un camper in qualsiasi parte del mondo a fare il giro del mondo.

 
NG. Come ti trovi a Milano?
MS. Mi trovo bene. Ho fatto qui 3 anni di università e da 3 anni lavoro: è la città che ti da più possibilità in Italia. Ovvio, comunque, che mi manca la natura: se potessi, vivrei sott'acqua, la mia droga è quella lì. Milano è bellissima e si vive bene, ma mi manca il contatto con la natura.

 
NG. Nel tuo mondo di visioni alla "Sliding Doors", pensi ce ne sia una in cui potresti scendere a compromessi?
MS. Ho capito crescendo che devi essere sempre pronto ai compromessi: dipende dalle situazioni e da dove vuoi arrivare, ma comunque fino a un certo punto. Io poi, al di là dei compromessi, sono uno che prende seriamente le cose: o le fai bene o non le fai. Io credo tantissimo nelle mie idee fin da quando sono nato.

 
NG. Ti dai dei tempi nel tuo percorso?
MS. Io faccio sempre tutto al massimo, poi le cose si evolvono in tanti modi diversi.

 
NG. Faccio a tutti e due la domanda con cui chiudo di solito le interviste: pensando al momento che state vivendo, cosa rappresenta per voi la musica in 3 parole?
Emanuele Farina. Colore, espressione, personalità, ma soprattutto colore e comunicazione.
Marco Spinelli. Raccontare delle storie. Storie di vita. L'ho sempre fatto con i video e ora lo faccio anche con le canzoni.

NG. I 3 album che più vi hanno influenzato e che non potrebbero mai mancare nella vostra collezione?
MS. L'album senza titolo dei Blink 182, l'album de I Cani "Il posto più freddo" e "Backup Tour" di Jovanotti.
EF. "Led Zeppelin IV", "Language and perspective" dei Bad Suns e “A Brief Inquiry into Online Relationships” de The 1975. Queste sono le mie radici. Da loro ho preso anche il mio approccio alla batteria.

 
Intervista a cura di Luigi Rizzo.
Foto copertina Elisa Hassert
 

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