NIGHTGUIDE INTERVISTA ALTRE DI B

NIGHTGUIDE INTERVISTA ALTRE DI B

In attesa del loro terzo album, Miranda!, ho voluto incontrare e scambiare due chiacchiere con Alberto, Andrea, Giacomo e Giovanni, ovvero i quattro componenti di Altre di B, gruppo bolognese storico nel mondo nel panorama musicale puramente indie-rock (quello prima che diventasse di moda per intenderci).
Alla soglia dei trent'anni ci hanno voluto raccontare un po' di loro e del loro album, nel quale affrontano, in un omaggio molto particolare all'inventore dei fusi orari (bolognese anche lui), l'argomento attualissimo dei confini - mentali e geopolitici - e delle separazioni che inevitabilmente comportano.
Ecco a voi cosa ci hanno raccontato.

1.      Ciao ragazzi. Parlateci un po' di Altre di B. Come nasce questo gruppo?
Altre di B nascono a Bologna nel 2005, fra i banchi del liceo Sabin. Eravamo compagni di classe e abbiamo avuto una formazione molto tradizionale per una band rock. Siamo infatti partiti suonando le cover, prima di iniziare a scrivere brani nostri. E oggi, 12 anni dopo, siamo prossimi all'uscita del nostro terzo disco.
 
2.      Sono ormai 12 che calcate i palchi di mezza Europa. Come avete visto evolvere il mondo della musica in questi anni?
La musica è in continua metamorfosi e in 12 anni abbiamo assistito al suo radicale mutamento, sia sul piano delle tendenze, sia sul piano della fruizione. Abbiamo iniziato a suonare in un'epoca d'oro per quel che concerneva l'indie rock di matrice anglosassone e il punk rock americano, che alle nostre latitudini da qualche anno ha subito un arresto e una progressiva scomparsa. Per certi versi chi fa rock oggi è un pesce fuor d'acqua, al di là di ogni giudizio di valore sul gusto corrente. Inoltre la musica si ascolta sugli smartphone, cosa che 12 anni fa era quasi impensabile, e sono tornati in voga i vinili e le audiocassette, cose che 12 anni fa erano pezzi archeologici.
 
3.      Io personalmente ho avuto il piacere di ascoltarvi e fotografarvi l'anno scorso al Primavera Sound. Com'è esibirsi in un festival come quello o come lo Sziget? Quali sono le vostre sensazioni sul palco e nei momenti di preparazione?
Le emozioni su un palcoscenico sono proporzionali alla sua grandezza, vien da sé che i palchi del Primavera e dello Sziget, così come lo sono stati il SXSW o il Firenze Rocks, incutono un certo timore. A differenza di un club, un grande palco ti permette una grande libertà scenica e, passata l'iniziale agorafobia, è estremamente elettrizzante. Prima di salire sul palco siamo un gruppo di amici che beve birra e chiacchiera con le altre band. La cosa più bella dello stare in giro è conoscere le storie di chi suona.
 
4.      Avete lavorato e collaborato con molti artisti e avete fatto anche delle aperture molto importanti. Quale esperienza passata ricordate con maggior piacere?
Forse l'esperienza più divertente, per tante ragioni non strettamente correlate alla musica, è stata l'Ypsigrock Festival nel 2012. La line-up includeva Alt-J, Primal Scream, Of Montreal, Stephen Malkmus e altri nomi importanti a livello internazionale, un festival clamoroso nel cuore del parco delle Madonie, con gli artisti a spasso (o al mare) durante il giorno e una situazione conviviale fra pubblico e rockstar. Data la somiglianza col cantante degli Alt-J, il nostro chitarrista Alberto è stato scambiato per Joe Newman da un gruppo di fan, che gli hanno chiesto l'autografo.



5.     
E con chi vi piacerebbe collaborare in futuro?
Se non si fossero sciolti un anno fa, il nostro sogno sarebbe stato collaborare coi Presidents of the USA, band alla quale dobbiamo molto e alla quale abbiamo preso in prestito una frase per intitolare il nostro primo disco. Vorremmo lavorare a un EP con Why?, Forty Winks, China Gate e Baseball Gregg.
 
6.      Il vostro ultimo lavoro, “Miranda!”, sta per uscire a giorni. È un disco maturo e complesso. Volete parlarcene un po'?
Volevamo che il disco suonasse il più fedele possibile a quello che siamo noi sul palcoscenico e, in qualche modo, differenziarci dai lavori precedenti. Con Stefano Riccò, che ha prodotto sia “Miranda!”, sia “Sport”, abbiamo scelto di microfonare le nostre prove e dare vita a un disco che fosse, almeno a livello di produzione, più simile ai dischi del passato. E il risultato è stato molto soddisfacente per quanto ci riguarda, perché è un album grezzo, sporco, con errori e stonature, ma onesto, diretto, aggressivo. Volevamo veicolare un momento preciso della nostra vita, la crescita, l'avvicinarsi dei trent'anni e le esperienze personali, con un suono che lo rappresentasse al meglio e registrare in presa diretta è stato eccitante. Infine il brano “Erevan” è stato coprodotto da Michael Urbano, batterista degli Smash Mouth: esperienza divertente sia sul piano umano, sia sul piano artistico.
 
7.      Il tema conduttore di Miranda! sono i confini, geografici e interiori. Gli ultimi eventi politici europei, dalla Spagna alla Scozia agli sbarchi in Italia, rendono il vostro album di sicuro molto attuale e ben inserito. Cosa ne pensate di quello che sta avvenendo in questi giorni?
Il disco è un omaggio al libro del bolognese Quirico Filopanti, nome d'arte di Giuseppe Barilli, vale a dire l'inventore dei fusi orari. Volevamo mettere in comunicazione Bologna e il resto del mondo attraverso un personaggio che ha rivoluzionato il corso degli eventi. E il disco racconta in qualche modo l'assurda logica dei confini, fisici o immaginari, una logica che si applica perfettamente alla cronaca geopolitica corrente. Pensiamo infatti che i fusi orari, come tutti i confini, siano linee arbitrarie, tratti invisibili, convenzionali, talvolta limiti ingiustificati. Paradigmi per inscatolare il mondo e generare opposizioni.
 
8.      Pensate che la musica abbia ancora il potere di sensibilizzare i giovani a temi attuali a cui spesso il pubblico sembra assuefatto?
Assolutamente sì, fa parte della sua natura comunicativa.
 
9.      Quali sono adesso i vostri progetti futuri?
In attesa di partire col tour stiamo scrivendo nuovo materiale, che ci piacerebbe trasformare in un EP da registrare con band che ci piacciono. Inoltre ci piacerebbe suonare in Cina, progetto al quale stiamo lavorando da un po' di tempo.
 
10.  Raccontateci in breve 3 album (stranieri o italiani) che non potrebbero mai mancare nella vostra collezione.
Il primo è “The Presidents of the United States of America” (Pop Llama, Columbia Records) dei The Presidents of the United States of America, un disco cult del 1995, che ci ha in qualche modo fatti diventare i musicisti che siamo adesso: è una sorta di bibbia post-grunge. Il secondo è “Bow wow” dei Forty Winks, una produzione dell'etichetta bolognese Unhip Records e disco straordinario di una band straordinaria, che ha portato il punk rock italiano su un altro piano: per chi ama gli Eels, Jim White e Bocephus King, è un disco imprescindibile. Ultimo, ma non per importanza, “AM” degli Arctic Monkeys, la loro opera migliore a nostro parere, sia sul piano della produzione artistica, sia sul songrwriting

Articolo di Luigi Rizzo
Foto di Marianna Fornaro

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